Santa Rosalia protettrice di Palermo, storia leggenda e ricette
Secondo il Calendario Romano il 4 settembre è festeggiata Santa Rosalia Vergine, patrona di Palermo.
I palermitani sono tanto devoti alla Santuzza, com'è affettuosamente chiamata, che la venerano anche nel mese di luglio con "U Fistinu", una festa che inizia il 10 e termina il 15 luglio: si tratta di una festa dal carattere folkloristico e religioso, un grande corteo del giorno 14 che precede la sfilata del Carro trionfale e che termina in Piazza Marina, con i tradizionali fuochi d'artificio.
Il Carro trionfale è una vera opera d'arte, è la metafora del trionfo della Santa; verrà più volte sostituito per avere effetti scenografici sempre più solenni. Il primo carro fu realizzato nel 1686.
Negli ultimi tempi è scelto ogni anno un tema diverso, basato però sempre sulla storia della miracolosa vittoria sulla peste.
Fistinu di Santa Rosalia
Il festino termina giorno 15 luglio, con la solenne processione delle reliquie di Santa Rosalia, contenute nell'urna d'argento: la preziosa "vara" partendo dalla Cattedrale arriva a Piazza Marina. Due ali di folla e autorità ascoltano le parole che il cardinale rivolge alla città, le preghiere rivolte alla Santa.
Poi la processione riprende il cammino e, dopo aver attraversato gran parte del centro storico, rientra in cattedrale, mentre echeggiano le grida dei confrati, con canti di devozione in rima:
- Uno. Notti e ghiornu farìa sta via!
- Tutti. Viva Santa Rusulia!
- U. Ogni passu ed ogni via!
- T. Viva Santa Rusulia!
- U. Ca nni scanza di morti ria!
- T. Viva Santa Rusulia!
- U. Ca nn'assisti a l'agunia!
- T. Viva Santa Rusulia!
- U. Virginedda gluriusa e pia
- T. Viva Santa Rusulia!
ed ogni tanto il grido "E chi semu muti? Viva viva Santa Rusulia". (E che siamo muti? Viva viva Santa Rosalia)
Il Festino di Santa Rosalia (in siciliano "U Fistinu") è un evento molto importante per la città di Palermo, che attira, ogni anno, migliaia di turisti e devoti; la festa celebra la liberazione dalla peste che infestò la città di Palermo nel 1624.
Fu Papa Urbano VIII che, dopo regolare processo e dopo aver ricevuto gli atti che attestavano l'autenticità dei resti della Santa e le numerose grazie ricevute per sua intercessione, nel 1630 inserì il nome di Santa Rosalia nel Martirologio romano, definendola:
"Vergine palermitana, discendente dal sangue reale di Carlo Magno, la quale, per amore di Cristo, fuggì il principato paterno e la reggia, e, solitaria nei monti e nelle spelonche, condusse una vita celeste".
Papa Urbano VIII indicò due date per venerare Santa Rosalia:
il 15 luglio, giorno in cui furono ritrovate le reliquie, e il 4 settembre.
La devozione alle tre Sante Martiri
In Sicilia è molto forte la devozione per tre giovani sante vergini, Sant'Agata, Patrona di Catania, Santa Lucia, Patrona di Siracusa e Santa Rosalia, Patrona di Palermo; il culto per le tre sante è intenso anche all'estero, tra i migranti siciliani sparsi nel mondo, che hanno portato con loro le tradizioni, religiose e non, della loro terra natia.
A differenza delle prime due Sante, Rosalia non fu martire, ma l'affetto per la Santuzza è davvero molto forte in tutta la cristianità siciliana, sopratutto tra i palermitani che spesso esultano dicendo "Viva Palermo e santa Rosalia!".
L'Acchianata al Santuario
Il 4 settembre, Santa Rosalia a Palermo è celebrata con la cosiddetta "Acchianata", cioè la salita a piedi sul Monte Pellegrino per raggiungere il Santuario a lei dedicato.
Il percorso, bellissimo sia dal punto di vista naturalistico che paesaggistico è però lungo e molto difficoltoso; tanti devoti si recano al Santuario a piedi, spesso scalzi o in ginocchio, in base alla promessa fatta alla Santa per grazia ricevuta.
Come tradizione vuole, chi è di Palermo lo sa bene che "Santu veni, festa fai", non possono mai mancare leccornie di vario genere, anche per alleviare i vari pellegrini, sopratutto durante il "Fistinu" del 15 luglio: dal classico pane e panelle, a l'u "sfinciuni" (specie di pizza con pomodoro, cipolla e alici) a l'u purpu (polpo bollito) a l'u "scacciu" (semi di zucca e ceci essiccati, consumati mentre si passeggia) a "i babbaluci" (lumache bollite con aglio e prezzemolo), ai dolci come il Gelu ri Muluni e il Gelato di campagna, dei quali vi presentiamo le ricette da preparare a casa.
La ricetta del Gelu ri Muluni
Ingredienti
- Un'anguria di circa 4 Kg (dovete ottenere circa un litro di succo)
- 150 g di Zucchero a velo (la quantità varia in base alla dolcezza dell'anguria)
- 80 g di Amido di frumento
- 1 Bacca di vaniglia
- Fiori di gelsomino q.b.
- Gocce di cioccolato fondente q.b.
Preparazione
- In una ciotola con acqua calda mettete alcuni fiori di gelsomino e lasciateli in infusione per circa un'ora.
- Tagliate l'anguria, ricavate la polpa eliminando semi e buccia, quindi passatela al setaccio con un passatutto o con un mixer.
- Mettete il succo ottenuto in una pentola, aggiungete lo zucchero, l'amido, la vaniglia e mescolate bene il tutto facendo in modo che non si formino grumi.
Fate cuocere a fiamma dolce e, qualche secondo prima che si addensi, aggiungete l'essenza di gelsomino. - Togliete dal fuoco e versate il composto in piccole coppette per alimenti. Fate raffreddare.
- Non appena si saranno raffreddate, aggiungete, su ogni coppetta, delle gocce di cioccolato fondente e lasciate riposare in frigo per alcune ore. Servite a piacere con qualche petalo di gelsomino.
La ricetta del Gelato di campagna
(Foto dello Chef Marcello Valentino)
Ingredienti
- 500 g di Zucchero a velo
- 80 g di Acqua
- 100 g di Mandorle intere
- 50 g di Granella di mandorle
- 50 g di Pistacchi
- 70 g di Nocciole tostate
- 50 g di Frutta candita a cubetti
- Coloranti alimentari (rosso, verde, marrone)
Preparazione
- In un tegame fate sciogliere lo zucchero nell'acqua. Non appena sarà sciolto, aggiungete le mandorle (intere e la granella), i pistacchi, le nocciole e mescolate continuamente finché tutto non si sarà addensato.
- Aggiungete la frutta candita, togliete dal fuoco e separate il composto in altri contenitori, dove aggiungerete i vari colori alimentari.
- Dovete mescolare ogni parte in maniera energica.
- In un unico stampo, possibilmente rettangolare, riunite i vari composti, fate raffreddare e mettete in frigo per circa 5-6 ore.
- Trascorso il tempo, servite il Gelato di campagna a fette.
Curiosità...
La vita di Santa Rosalia
Non ci sono notizie certe e storiche sulla vita di Santa Rosalia.
Come per altri Santi, si tratta di racconti della devozione popolare, molte testimonianze che attestano un culto molto antico e vasto.
La storia di Santa Rosalia, leggenda e tradizione popolare
Rosalia, figlia del conte Sinibaldo di Quisquina delle Rose, nacque a Palermo intorno al 1128.
Secondo la leggenda, il conte Ruggero II, conosciuto anche come Ruggero il normanno, osservava il tramonto con sua moglie, la contessa Elvira, quando una figura gli apparve dicendogli: «Ruggero io ti annuncio che, per volere di Dio, nascerà nella casa di Sinibaldo, tuo congiunto, una rosa senza spine».
Fu per questo motivo pare che, poco tempo dopo, quando nacque alla bambina, fu assegnato il nome Rosalia.
Ecco cosa scrive Paolo Collura in la "Santa Rosalia fiore della stirpe normanna" (tratto da La vita di Santa Rosalia, in M.C. Di Natale, S. Rosalia Patriae Servatrici, ed. Cattedrale di Palermo, 1994).
Dire di S. Rosalia brevemente non è facile. Cominciamo dal suo nome, che la dice fiore della Stirpe Normanna, essendo il suo nome celtico, ancora oggi portato dall'antica città scozzese Rosslyn (Inghilterra), nome che si soleva allora contemporaneamente usare dai Normanni d'Inghilterra, di Francia e di Sicilia. L'unica notizia specifica, raccolta dall'insigne storico siracusano Ottavio Caetani (+ 1620), che scriveva in latino, ci dice che essa fu "ancilla", ossia dama di compagnia, della regina Margherita, dal 1149 sposa del re Guglielmo I, poi detto il Malo (+ 1166), e non già cameriera, sia perché essa era figlia di un normanno grato al sovrano, sia perché nel Palazzo reale c'erano più che molte cameriere e ricamatrici saracene. Rosalia divenne pertanto spettatrice di tutti gli avvenimenti della Corte, lieti o tristi, religiosi o mondani, e anche d'intrighi e mondane convivenze, e nel 1161 anche dell'assalto e saccheggio della reggia e della temporanea cattura del Re e finanche dell'uccisione del piccolo erede Ruggero. Fu probabilmente dopo questo triste avvenimento che Rosalia chiese di essere lasciata libera per il suo desiderio di vita monastica, prima per prova nel monastero basiliano di S. Maria la Dorata (oggi detto della Martorana) e poi per l'aspirazione alla vita eremitica sotto la protezione di alcuni monaci eremiti nel bosco di Palazzo Adriano. Ma l'insicurezza del luogo e la nostalgia di Palermo le suggerirono di ritornare nella sua città e fu allora che la regina Margherita le diede "in dote", ossia come feudo, la Montagna Sacra del Pellegrino, in cui sarebbe stata protetta dai suoi pecorai. e facilmente visitata dai Palermitani e, nel contempo, spoglia di ogni interesse per le cose terrene, avrebbe potuto elevare con serenità gli occhi al cielo.
Rosalia aveva scelto una vita di penitenza, solitudine, meditazione e preghiera.
Visse in una grotta sul Monte Pellegrino, dove morì il 4 settembre del 1170 circa, sul promontorio che domina la città di Palermo.
Santa Rosalia, Patrona di Palermo
Era il 15 ottobre del 1623, più di 450 anni dalla morte della Santa.
Nell'Ospedale Grande di Palermo si trovava Girolama La Gattuta, originaria di Ciminna (PA), gravemente ammalata, quasi in fin di vita. Aveva molta sete, così chiese alla suora infermiera di darle un po' d'acqua; la giovane suora si avvicina dicendo "Non dubitare che sei sana, fai voto di andare a Monte Pellegrino".
Girolama pensò che si trattasse di Santa Rosalia.
Il terzo giorno uscì dall'ospedale completamente guarita ma, tornata a casa, dimenticò di adempiere il voto.
Passò del tempo era il 7 maggio del 1624 quando a Palermo arrivò il "vascello della redenzione dei cattivi" (riscatto dei cristiani prigionieri dei saraceni) proveniente da Tunisi.
Nonostante si sospettasse che a bordo della nave ci fosse la peste, Emanuele Filiberto di Savoia, viceré di Sicilia tra il 1622 e il 1624, permise l'attracco.
La peste si diffuse rapidamente nella città di Palermo causando migliaia di morti.
Girolama, che si era ammalata di febbre malarica, salì sul Monte Pellegrino per sciogliere il voto.
Era il 26 maggio del 1624: la donna bevve l'acqua che gocciolava dalla grotta e, invasa da un senso di benessere, capì di essere guarita e si addormentò davanti all'ingresso della grotta. In sogno, le appare una donna, con un vestito azzurro, mantello, ha in braccio un bambino e al collo una collana di coralli, che le dice "Figlia, sei venuta ad adempiere il voto: sei sanata".
Girolama capisce che si tratta della Vergine Maria.
Sempre nel sogno, in fondo alla grotta, vede una ragazza che pregava in ginocchio e che le indica il punto preciso dove scavare, dove si trova un "tesoro", una "Santa".
Sotto insistenza di Girolama s'inizia a scavare nella grotta.
Nel frattempo l'epidemia di peste dilaga e la città di Palermo è dichiarata infetta.
È il 15 luglio 1624, sul Monte Pellegrino, dentro la grotta nel punto esatto indicato da Girolama La Gattuta, sotto una lastra di marmo sono ritrovate ossa umane bianchissime: nel momento della scoperta tutta la grotta fu inondata da un forte profumo di fiori.
La voce del ritrovamento si sparse e tantissime persone salirono sul monte a bere l'acqua e avvennero molte guarigioni.
Il cardinale arcivescovo di Palermo, Giannettino Doria, ordinò che le ossa fossero trasferite nella sua cappella privata per essere esaminate da teologi e medici; i risultati furono scoraggianti, perché le ossa, tra cui tre teschi, non sembravano appartenere a una donna.
Il cardinale non si convinse e ordinò un'altra commissione esaminatrice; poi, nella cattedrale, radunò autorità ecclesiastiche e popolo per chiedere aiuto alla Madonna, facendo voto di difendere il privilegio dell'Immacolata Concezione di Maria, tanto contrastato dalla Chiesa di quel tempo, e contemporaneamente dichiarare Santa Rosalia patrona principale di Palermo, venerandone le reliquie nel momento in cui sarebbero state riconosciute.
La seconda commissione, l'11 febbraio 1625, dichiarò che le ossa appartenevano a una sola persona, che questa era sicuramente una donna; quelli che sembravano tre teschi, in realtà due erano un orcio di terracotta e un ciottolone, mentre il terzo, che era ingrossato da depositi calcarei, una volta eliminati, rivelò il cranio di una donna.
Un altro prodigio nel frattempo si stava rivelando...
Era il 13 febbraio del 1625, il saponaro Vincenzo Bonelli, disperato per la perdita della giovane moglie a causa della peste, decide di impugnare il fucile da caccia e, con il suo cane, sale sul Monte Pellegrino con l'intenzione di suicidarsi gettandosi dalla cima.
Sul Monte gli apparve una ragazza con il volto splendente come un angelo, era Rosalia che lo ferma, lo porta vicino la grotta e gli dice che doveva riferire all'Arcivescovo Doria di non dubitare più sull'autenticità delle ossa che invece dovevano essere portate in processione per la città. Solo così la peste avrebbe avuto fine. La Madonna le aveva promesso che la peste sarebbe finita al passaggio delle sue ossa per la città al momento del canto del "Te Deum Laudamus".
Inoltre gli predisse che lui sarebbe morto di peste, proprio come la moglie.
Bonelli sarà effettivamente contagiato dalla peste e, in punto di morte, racconterà tutto della sua visione al suo confessore che poi informerà l'Arcivescovo Doria.
Questi, sconvolto da quel racconto, riconvoca la commissione di medici e teologi; il 18 febbraio del 1625 gli esperti certificano che tra i reperti rinvenuti nella grotta, c'è un corpo "ingastato in densa pietra" e una piccola testa, sicuramente di una giovane donna.
L'unica donna vissuta sul Monte Pellegrino era stata Rosalia, così furono autenticati i sui resti.
Il 9 giugno 1625 si svolse la processione delle ossa di Santa Rosalia, cui parteciparono tantissime persone.
Sotto gli occhi di tutti, con il passaggio delle ossa della Santa nel momento del canto "Te Deum Laudamus", gli ammalati guarivano dalla peste, arrestandone anche il contagio.
I dati delle persone guarite furono annotati dagli scrivani del re nei registri comunali.
L'epidemia di peste si estinse completamente dalla città di Palermo il 3 settembre del 1625, grazie alla miracolosa intercessione di Santa Rosalia.
Il cardinale Doria fece costruire un bellissimo altare nella Cattedrale, dove fu sistemata l'urna d'argento con le reliquie di Santa Rosalia; la Santuzza è rappresentata con una corona di rose sul capo e il suo nome fu interpretato come composto da Rosa e Lilia, rosa e giglio, che rappresentano purezza e unione mistica.
La Chiesa autorizzò il culto nel 1625 ma Rosalia fu proclamata Santa il 26 gennaio 1630.
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